Nel 79 d.C. il Vesuvio travolse le città di Pompei ed Ercolano. Quella che gli abitanti della Campania Felix credevano essere una semplice montagna era invece un vulcano della peggior specie, oggi entrato di diritto tra i più pericolosi al mondo. Quell’ammasso florido di vegetazione che sovrastava le città di Pompei, Ercolano e Stabia, considerato una sorta di Olimpo per gli idei pagani, fece sentire la sua voce. In un caldo pomeriggio di agosto del 79 d.C ruggì fumo nero e tremò da cima a fondo. Una catastrofe? Un’apocalisse? Cosa stava succedendo in quella parte del meridione d’Italia conosciuta per essere luogo di villeggiatura dei nobili romani, via vai di intensi traffici commerciali, piccolo paradiso terrestre? Che l’ira di qualche dio si fosse scatenata contro qualcuno? E perché?
La storia di quel tragico episodio è stata raccontata da Plinio il giovane in una lettera a Tacito. Il ragazzo, testimone oculare di quell’eruzione, all’epoca si trovava a Miseno, nella parte settentrionale del Golfo di Napoli, ospite dello zio Plinio il vecchio, comandante della flotta di stanza in quella regione. Fu suo zio a cadere vittima degli eventi. La sua curiosità scientifica unita al senso del dovere lo indusse ad andare lì dove “una nube si levava in alto, ed era di tale forma ed aspetto da non poter essere paragonata a nessun albero meglio che a un pino” per prestare soccorso a Retina, moglie di Casco, preoccupata da quello strano fenomeno. Ma sulla spiaggia di Stabia, prima di imbarcarsi, a causa delle esalazioni morì.
Pompei, Ercolano e Stabia scomparvero sotto il peso di tonnellate di lapilli e ceneri. Gli abitanti non riuscirono a trovare riparo e morirono increduli su quello che stava succedendo. Molti corpi furono coperti di cenere incandescente e immortalati nel loro ultimo respiro. I calchi sono visibili agli scavi e nel museo archeologico di Napoli. Di queste città, di questa storia, si persero le tracce, fino a credere che forse anche Pompei era una storta di leggenda, un po’ come Atlantide.
Durante i lavori di bonifica nella valle del Sarno (1594-1600) furono rinvenuti monete e resti di edifici. Si credette ad una città romana, non fu fatto il nome di Pompei, ma gli scavi si fermarono a causa del terremoto del 1631. Ripresero alcuni secoli dopo, nel 1738 quelli di Ercolano e nel 1748 quelli di Pompei.
Dagli scavi emersero due tipiche città romane di età imperiale. Ville patrizie, negozi, suppellettili e persino insegne e scritte sui muri hanno permesso di ricostruire una storia che lapilli, cenere e lava aveva seppellito per secoli nella memoria.